La chiesa di San Bernardino e il portale dell'antico ospedale
Un'articolata illustrazione del vasto raggio di attività delle chiese cinque-seicentesche di Monte San Giacomo proviene, oltre che dall'Archivio Diocesano di Teggiano, da un antico documento conservato nell'Archivio Parrocchiale di Monte San Giacomo. Si tratta di un Liber Baptisimalis, testimonianza primaria e indiscutibile dell'esistenza nella San Giacomo rinascimentale e seicentesca di ospizi, chiese, altari, cappelle intra ed extra moenia, case di ricovero, ordini religiosi, confraternite. Tutto è stato documentato con rigore e acribia, senza tralasciare gli eventi fondamentali che hanno caratterizzato la storia civile e religiosa del borgo. Una storia religiosa che - ci sembra lo si debba dire - ha ritrovato il suo punto nodale nell'autorevole figura del primo Arciprete, don Saladino Castella, appartenente all'omonima famiglia residente nel XVI secolo in Santo Jacopo e a cui si deve il primitivo sviluppo urbanistico della cittadina meridionale1. Lo studio attento dei beni immobili di note famiglie sangiacomesi, inoltre, ha permesso di conoscere in modo approfondito, mediante veri e propri indizi topografici e toponomastici, la conformazione urbana dell'antico casale finora nota grazie alle uniche ricerche portate avanti da Paolo Eterni e Luca Mandelli. Senz'altro rilevanti sono le notizie relative agli arcipreti e ai sacerdoti posti al servizio della chiesa madre (dall'anno 1540 al 1556), oltre all'importante documentazione riguardante la ricostruzione o «allargamento» della stessa a partire dal mese di gennaio del 1570. Nel liber, inoltre, c'è un breve riferimento alla violenta epidemia che colpì il borgo nell'anno 1648: il copista riferisce di un «male di canna» (una forma rara di carcinoma alla gola) che avrebbe ucciso molti civili e diverse autorità religiose, per cui intento prioritario dell'Universitas fu quello di far erigere un altare votato al culto di San Biagio.
Testa d'angelo alata -
particolare del portale
Nati intorno all'anno Mille, gli ospedali divennero sempre più
numerosi a partire dal XIII secolo, raggiungendo il massimo sviluppo tra
il '500 e il '600. Con l'età moderna il fenomeno giunse al massimo
dell'espansione mediante l'edificazione di cappelle o confraternite intitolate
perlopiù al Carmine, a San Bernardino2
e al Rosario, di cui restano tracce rilevanti in vari paesi dell'Italia
meridionale. A Santo Jacopo, nel secolo XVI vennero erette, unitamente
agli ospedali, le chiese del SS.mo Rosario (Confraternita), di San Nicola3
, Sant'Antonio e San Bernardino, mentre da un interessante documento si
rileva che «il Rev. Don Saladino Castella, i nobili Ludovico, Giasone
e Lorenzo Castella [
] padroni e signori dello venerabile hospitale
di San Bernardino convennero con Angelo Fiocca di fare l'ospedaliere e
mantenere in buono stato la cappella di San Bernardino»4. Cappellano
della casa di ricovero era don Boezio Castella5.
Vari particolari: elci
curative, iniziali (S.B.) e figura del Santo, immagine raffigurante uno
storpio.
Il culto per San Bernardino era particolarmente sentito nell'intero territorio dianense e, quindi, nello stesso casale di San Giacomo. La famiglia Castella, dopo aver fatto innalzare la cappella fuori dall'abitato, fece edificare nella chiesa madre «un altare dedicato allo stesso Santo, con due altre statue di Santa Maria de' martiri e l'Addolorata, al quale gli diedero il nome di Santa Croce»6. L'ipotesi per cui molte zone del circondario sangiacomese fossero caratterizzate da numerosi terreni coltivabili viene suffragata da altri importanti documenti e, particolarmente, dal manoscritto riguardante i beni del notaio Metello Castella. Il giurista, oltre a possedere una casa con orto e giardino in capo lo Tempone, beneficiava di «un horto cum arbori fruttiferi cum casaleno in loco detto 'l Crocevia». La presenza della chiesa di San Bernardino con le «case de lo Spetale» e di una domus rurale cum horto avvalora l'ipotesi per cui la vita lavorativa fosse particolarmente rigogliosa e attiva anche sulle alture, là dove, a partire dalla seconda metà del secolo XIX, si sarebbe sviluppata la restante parte del paese. Diversi vigneti di cui fruiva il notaio Castella si trovavano in località Polimmoti, mentre altri possedimenti terrieri appartenevano alla chiesa votata al culto del Santo senese: «Una vigna fine quello di Sabato Monaciello, le terre di Capo lo fiume, fine Santo Nicola e quello di casa De Lisa e lo fiume, una vigna allo Vallone, fine Berardino de Paoliello, quelli De Lisa e lo vallone corrente, un horto alla Fossetella e rende Don Lonardo Castella denari che si tene detta cappella, con le case de lo Spetale»7.